Siamo nella settimana più necessaria e al tempo stesso più a rischio retorica dell’anno. La Shoah si ripresenta ogni volta sbattendoci in faccia quell’inspiegabile follia distruttrice che ha colpito il secolo scorso.

La libertà non è mai scontata.


Raccontarlo a ragazzi che si sentono tanto distanti da quella realtà non è facile e se trasformiamo la memoria in un cumulo di dati e date, lo è ancora meno.


L’umanità non dipende dai numeri.


L’ingiustizia verso uno, cento, mille, milioni, resta ingiustizia. Siamo assuefatti dalla violenza; ne muoiono cento in mare, dieci sul lavoro, settanta in un locale a Parigi e quasi nulla sembra più toccarci.
La storia ci è lontana se non conosciamo le storie.


La storia ci è inutile se non ci interpella. Una follia indifferente aleggia sulle grandi questioni umanitarie di oggi.

Il teatro può essere uno strumento per trasformare una storia personale apparentemente lontana, in una storia che mi riguarda. Un’ingiustizia da reputare tale, che avrebbe richiesto l’impegno degli indifferenti.


L’errore più grande che possiamo fare infatti è pensare che non ci riguardi. L’indifferenza è più forte della violenza. Girare la testa, guardare da un’altra parte o peggio ancora, dare una spiegazione logica per certi accadimenti, è dare da mangiare alla follia che distrugge.

C’è bisogno di una presa di coscienza che guardi più in là. La realtà che mi riguarda non è solo quella che ho sotto il naso.


Forse così ci renderemmo conto che c’è una Shoah anche in questi tempi; gli olocausti non sono ancora finiti. E a dircelo spesso sono i sopravvissuti di quella violenza inaudita che ha fatto della follia l’ordinarietà del secolo scorso. Loro, che portano sulla pelle i segni della guerra, temono per la società di oggi, apparentemente recidiva.


Le urla razziste negli stadi, le scritte persecutorie sui muri delle città e nelle bacheche di internet, il linguaggio dei politici, l’informazione da impatto, gli slogan, intontiscono i giovani (e non solo) e spesso negano la verità.


Raccontiamo la storia con le storie.


Diamo volti e nomi. Furono uomini a vivere quel che è stato e non numeri. Guardiamo la strada percorsa e decidiamo quale prendere in futuro. A questo serve la memoria, capire le scelte fatte in passato e orientare quelle di oggi.

M.A.S.C. promuove un laboratorio teatrale nelle scuole che ha come tematica la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (D.U.D.U.). Una carta necessaria dopo la Seconda Guerra Mondiale e ancor più necessaria oggi, per informare le nuove generazioni che ciò che vivono è frutto del lavoro e dell’impegno di molti.https://associazionemasc.it/teatro-a-scuola/


Forse con un pò più di sincerità e un pizzico di indifferenza in meno ci accorgeremo che la Shoah non è solo un ricordo.

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