IL RE È NUDO!

“Il re è nudo!” grida il bambino ne “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Andersen.

È l’unico a vedere la realtà.

Nella fiaba del 1837, due imbroglioni fanno credere ad un imperatore vanitoso, di possedere un tessuto formidabile e stupendo, ma invisibile agli occhi di indegni e stolti.

Nessuno avrà coraggio di dire la verità al re, nemmeno lui a sé stesso. Solo un bambino lo farà.

È la paura di essere politically correct ops… indegni.

Oggi è la trentesima Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e nonostante i passi avanti e le grandi conquiste, siamo ancora nudi.

Ci copriamo di leggi e articoli, abiti formidabili e stupendi, che tutelano i nostri orticelli. Solo quelli e nemmeno tutti.

Bambini africani, asiatici, medio-orientali e sudamericani stanno ancora gridandoci addosso che siamo nudi.

420 milioni sono i minori che vivono oggi in zone di guerra.

Il reclutamento di bambini soldato, le violenze sessuali, le spose bambine, i bombardamenti a scuole e ospedali e l’accesso negato ai servizi umanitari, sono le violazioni evidenziate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Ecco la nostra nudità gridata dai bambini. I dati, i numeri, quanti sono.

E il problema è che non è una fiaba.

Parliamo di progresso, di sviluppo sostenibile, ma loro sono l’ago della bilancia della nostra società, del nostro cammino verso un mondo più equo. https://associazionemasc.it/tu-che-obiettivi-hai-per-il-2030/

Si, perché quando parliamo di infanzia e di diritti, la tentazione di nascondersi dietro alle “questioni culturali” disinteressandosi alle condizioni dei minori in altri Paesi, è forte.

Ferrea invece dovrebbe essere la nostra coscienza. Lapidaria e alta dovrebbe essere la nostra voce contro queste culture della morte.

I bambini che combattono e non giocano, che subiscono violenze e non ricevono affetto, che lavorano e non vanno a scuola, che attraversano deserti e mari invece di stare a casa, al sicuro, sono tutti bambini morti.

E noi siamo complici di un massacro.

Discorso esagerato, vero?

In questi mesi è stata ripescata dagli archivi un’intervista in cui il noto e colto Indro Montanelli racconta del suo matrimonio, avvenuto quando era ventenne, con una bambina di 12 anni durante la guerra in Abissinia.

Non è ne il luogo ne il momento di processare il giornalista.

Ma quando una giovanissima Elvira Banotti gli chiede, presupponendo che violentare una bambina in Europa fosse già reato, quali fossero le differenze tra una minore del Vecchio Continente e una di quello africano, Montanelli risponde con un secco e leggero, quasi giustificato, “In Abissinia funziona così”.

Intervista Montanelli https://www.youtube.com/watch?v=N_2xZWu_Ak8

La cultura – e Indro Montanelli ne aveva da vendere – se resta dentro i confini non è cultura.

È un abito tanto formidabile e stupendo quanto inesistente.

È certo che nessuno oggi farebbe quello che ha fatto Montanelli da colonialista quando aveva “bisogno di una donna” e nessuno racconterebbe questa storia in tv appellando la povera bambina con i termini “animalino docile”.

Ma è perché ce lo impedisce la nostra coscienza o è il tanto amato politically correct?

Il disinteresse di tanti, troppi, alla povertà e alle ingiustizie subite dai bambini, fa pensare.

Oggi di modi per aiutare ce ne sono un’infinità: dal comprare un libro per finanziare la costruzione di una scuola, passando per le donazioni ad associazioni che operano in territori in conflitto, arrivando a cambiare il linguaggio fatto di paura e di pregiudizi nei confronti dell’altro.

A trent’anni dall’istituzione della giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dovremmo sentirci più svestiti che mai.

Perché ancora oggi, almeno 420 milioni di bambini, ci puntano il dito contro gridando: “il re è nudo!”

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