“Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). “
I dati Istat parlano di miglioramenti, di cui però non possiamo in alcun modo andare fieri; ancora oggi, ogni 72 ore, in Italia, viene uccisa una donna, spesso dal proprio partner o ex-partner. Nelle percentuali non è poi considerata un altro tipo di violenza, quella psicologica, più subdola e difficile da riconoscere.
L’eliminazione della disparità di genere è fra gli obiettivi 2030 dell’ONU, ciò significa che la violenza sulle donne è una piaga sociale mondiale, quanto la povertà, la fame, i cambiamenti climatici, l’analfabetizzazione e le guerre. https://associazionemasc.it/tu-che-obiettivi-hai-per-il-2030/
Partecipi alla rabbia di chi ha subito un qualsiasi tipo di violenza, grida in noi la necessità di introdurre pene più dure, esemplari, dice qualcuno, per scoraggiare chi commette violenze nella certezza di una “blanda” giustizia.
Da diverso tempo, invece, con non poche polemiche, in politica e nelle aziende si parla di quote rosa, per tentare di dischiudere porte che altrimenti per le donne rimarrebbero chiuse.
Poi ci sono gli eventi in piazza, le manifestazioni, qualche sporadico intervento in tv e una manciata di “speciali” in una tardissima seconda serata. Sono, queste elencate, azioni necessarie, importanti e stimabili, per contrastare un contesto violento, ma in tutto ciò non c’è lungimiranza, non c’è futuro, perché continuiamo a ignorare la parte più importante di una persona: l’età della formazione.
La rivoluzione più grande che possiamo attuare è quella dentro alle scuole, mostrando ai bambini che le differenze non sono ostacoli alla propria realizzazione o scalini che permettono di avere un vantaggio su qualcun altro.
Ci servono uomini e donne che riterranno assurdo alzare una mano contro un altro, molestare, schiavizzare, denigrare e umiliare qualcuno.
Abbiamo bisogno di persone in grado di credere nel proprio valore, disposte a camminare, fare carriera, costruire famiglie senza temere di non poter raggiungere il posto di lavoro tanto desiderato solo per una questione di genere.
Dobbiamo cambiare camicia per cambiare cultura. E’ per questo che l’associazione M.A.S.C. da più di un anno è impegnata nella promozione, nelle scuole superiori, di Cambiamo Camicia; uno spettacolo teatrale contro la violenza di genere.
In scena si alternano storie di donne che per il solo fatto di esserlo non possono realizzarsi lavorativamente, affettivamente e personalmente. Sono indirettamente presenti anche figure maschili, alcune dannose, perché chi ti ama non ti fa male, altre salvifiche, perché sentirti amata può salvarti la vita.
Nonostante la tematica, è la leggerezza a fare da padrona sui toni dello spettacolo, con fiabe scanzonate e ironiche, intervallate da monologhi drammatici in grado però di affrontare con “delicatezza” anche il tema della morte. Cambiare Camicia, significa cambiare cultura; cambiare cultura significa trasformare lo sguardo.
Le nuove generazioni sono costantemente bombardate da immagini di violenza che li rendono come assuefatti all’odio.
Il compito di insegnanti, operatori e genitori è quello di tornare a risvegliare le coscienze (forse anche le proprie)perché il male non è e non deve sembrare una cosa normale.
Formando i giovani di oggi, forse potremo trasformare quello che ora è un obiettivo, in una futura bellissima realtà.